Dal Salento al Congo un ponte per gli orfani

Comunicato a cura di Fabiana Pacella- Clicca qui per l’articolo completo

LEVERANO – Da sud a sud, dal Salento alla Repubblica Democratica del Congo, lungo un ponte di storie minime, zeppe di lacrime e fatiche, anime e incontri. Mentre sul mondo spirano furiosi venti di guerra, c’è chi disegna strategie di pace dal basso. Gettando semi fecondi in un giardino, il Giardino dei Bimbi.

È questo il luogo-non luogo in cui s’intrecciano le storie di un gruppo di donne pugliesi e di un nugolo di bambine e bambini congolesi, strappati a destini bui e fangosi e restituiti alla vita dall’amore. Puro. Che va oltre i meridiani e i paralleli, finanche oltre la morte, e getta pietre per costruire cammini anziché muri.

Le donne, una ventina, del Giardino dei Bimbi, vengono da Leverano, Copertino, Porto Cesareo, Galatina, Martina Franca, Nardò e a loro si sono unite anime belle da Osimo e dal Congo, che è la terra che le ha accolte e stregate tessendo le trame di un sortilegio che le fa tornare lì appena possono, a rotazione, per dieci, venti, trenta giorni in base alla possibilità, con le valigie piene di medicinali, cibo e abiti da svuotare appena giunte a destinazione. Capo brigata per scelta del destino è Pina Muci, fotografa di Leverano (Le), approdata per la prima volta a Kolwezi nel giugno 2015, insieme ad un’amica e a padre Laurent Falay, un frate francescano congolese residente in Italia. Da quel giorno ad oggi è nata l’associazione laica che riunisce le volontarie pugliesi ma è anche nato un orfanotrofio, chiamato «Casa Mamma Deborah» costato lacrime e sangue, rifugio per le bimbe strappate alla prostituzione e per i cuccioli d’uomo orfani o gettati dalle madri vittime delle molteplici declinazioni della disperazione.

Un nome scelto non a caso, per quel luogo. Ancor prima di Pina e dei suoi amici, infatti, in quel pezzo di Congo aveva spirato il vento di forza e vita di Deborah Fanciano, originaria di Copertino nel leccese. «Nessuno di noi la conosceva – ricorda Pina dietro una tazzina di caffè caldo di moka -. Padre Laurent ci parlò di un’anonima donatrice che aveva fatto causa a un medico, colpevole di aver sbagliato la diagnosi della sua malattia. Aveva ottenuto un risarcimento e di quel denaro volle farne vita, sapendo che la sua era prossima al capolinea. Così ci fu la posa della prima pietra».

Deborah, la cui identità sarebbe stata resa nota ai più solo dopo la morte avvenuta a gennaio del 2017, aveva barattato il vile denaro di un errore col nobile dono di un’opportunità, la fine della sua vita con l’inizio della vita di tanti bimbi. La sua storia, così come tutte quelle di questo viaggio umano fin nelle viscere, si è intrecciata alle storie dei volontari di padre Laurent e ne è nata meraviglia. Ognuno fa ciò che può, e a Pasqua arrivano le uova di cioccolato vendute non attraverso grandi pubblicità ma grazie all’efficacia della prossimità. Tra amici, nei negozi di vicinato, nelle piccole realtà locali.

«A settembre scorso, dopo mille difficoltà dovute a burocrazia e contrasti, in quella casa sono arrivati i primi bimbi– sorride Pina Muci – coccolati, amati. Niente più casermoni sudici per loro, niente solitudine e sfruttamento. Il primo cucciolo entrato nella Casa Mamma Deborah si chiama Angelo, la mamma l’aveva lasciato al mercato avvolto in un lenzuolo e con una lettera accanto».

Angelo è il ponte tra due mondi. Tratti somatici africani e pelle bianca, è albino.

Dopo di lui sono arrivati Gabriele e Raffaele, due fratellini, e via, passo dopo passo. Ma c’è anche chi da Kolwezi ha raggiunto il Salento. Si tratta di Erick Ngoy Mwilambwe, ha 24 anni e studia Pedagogia all’Università del Salento. Anche a lui è stata data un’opportunità, un trampolino che l’ignoranza di pochi rischiava di spezzare. Erick ha cercato casa in città, invano. Così senza perdere tempo «è venuto a vivere sotto casa mia», brilla di luce Pina.

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